Wednesday, September 16, 2009

Cu. Bi. In.

Genova. Camera mia. Io sono sul letto con lei, le accarezzo la pancia, ha una canottiera rosa, mi dice che non mi vuole lasciare. In camera ci sono anche Davide, Andrea, Ale. Ci guardano.

Loro vogliono uscire, noi vogliamo rimanere soli. In camera la luce è spenta, nel corridoio è accesa.

Riga. Taverna con muri spessi e umidi. Io aspetto seduto ad un tavolo, non so chi stia aspettando ma l’attesa mi mette l’ansia. Mi sposto, mi siedo vicino alla finestra e alzo il volume dell’iPod. Scelgo un pezzo che ho scaricato la sera prima. Caribou – Melody Day. Guardo fuori. Nevica. La stanza è piccola e il bancone è vicino al tavolo. L’oste è grasso, si beve la sua birra mentre legge il giornale, non ha clienti, neanche me, non mi ha visto entrare. E’ unto. Mi piace, mi calma, mi dà fiducia.

Entrano tre persone armate. Hanno delle pistole, un fucile. Io sorrido ma ho paura. Aggrediscono l’oste, io non reagisco, loro non mi considerano. Potrei fermarli mentre scappano, ho una pistola.

No. Cosa cambierebbe? Vado a finire l’oste, è in un lago di sangue.

Bologna. Sono in una camera di un vecchio albergo, è arredato male. C’è una tazza sul comodino. La odio. Mi perseguita. La vedo in tutti gli alberghi del mondo. La rovescio e lascio che rotoli fino a cadere per terra. Si scheggia.

Qualcuno verrà per spararmi. Lo so. Mi passano davanti tutti i test di Facebook.

Fumo una sigaretta.

Aspetto, sono agitato, cerco di trovare un modo per difendermi, devo colpire io per primo. So che sarà una persona sola. Mi chiudo in bagno e aspetto. So che non posso sfuggire al mio destino.

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